Più Socializzazione, Meno Social: la censura di Fb su sovranisti e identitari.

di Amilcare Adolfotti - Aiuto ci hanno chiuso tutti i canali social. Aiuto è un attacco alla libertà di parola. Aiuto, aiuto, aiuto... Adesso basta, però. 
E' da più di 10 anni che proviamo a combattere una guerra persa in partenza: qualche centinaio di stronzi (romantici, ma pur sempre stronzi) contro un colosso americano da un fottiliardo di dollari.
Cosa vi aspettavate? E cosa pretendevate? Troppo a lungo abbiamo commesso l'errore di pensare che la bolla dei social si sovrapponesse perfettamente al mondo reale. Non è così.

Bella la pagina con 400 mila like, quasi ve la invidio. E quante condivisioni quell'ultimo post, più di 30! Poi? Poi alle elezioni non ti vota nemmeno tuo cugino Nando. Perché? "Eh ma perché voi siete estremisti..."
I social media non sono altro che un passatempo, per chi li popola (noi stronzi con i nostri contenuti) e per chi li consuma (tuo cugino Nando). Qualsiasi altra speculazione, qualsiasi altra convinzione di stare facendo un buon lavoro è una puttanata.

Qui non è una persecuzione antifascista. Qui siamo sulla proprietà materiale (ed immateriale) di una multinazionale che ogni trimestre deve comunicare fatturato, costi, utenti agli amici dei mercati finanziari che devono decidere se il suo titolo merita di essere scambiato. Non siamo tutelati dalla legge (che poi, quale legge?) ma siamo minuscole pedine in uno scacchiere che se ne fotte di noi.
Facebook ha sempre messo le sue zampine in posti che puzzavano di fogna per guadagnare qualche soldino in più. Sì, poi si mostravano tutti affranti e dispiaciuti quando venivano beccati, ma i dollari non si spostavano dalle loro casse: al massimo facevano qualche azione di sensibilizzazione.

Ve la ricordate Cambridge Analytica? Vi ricordate tutti quei pop-up comparsi su Facebook per dirci "Ci dispiace, adesso ti aiutiamo a gestire meglio la tua presenza online"? A Facebook non fotteva un cazzo (e non fotte un cazzo ancora adesso) della nostra privacy, dei nostri diritti "digitali", della nostra presenza online: a loro interessa tenerci qui sopra e continuare ad assorbirci un bit alla volta.

Oggi non è successo nulla di così incredibile: dal 2016 Facebook è nell'occhio del ciclone perché i "cattivi" (noi e, purtroppo, anche i trisomici del sovranismo e dell'alt-right) scriviamo un mucchio di cose "cattive" qui sopra spaventando la gente per bene. La gente per bene sono quelli che su Facebook condividono ogni secondo delle loro inutili vite: foto, post, video, reactions. Sono le mucche da mungere, quelli che ti cliccano sul paid advertising e non si stupiscono del fatto che casualmente vedono l'inserzione su Facebook di quel prodotto di cui hanno appena parlato su Whatsapp con l'amico. Loro vedono i nostri post cattivi, si lamentano perché vogliono un mondo felice ed inclusivo e Facebook li tranquillizza bannandoci tutti. Facebook mette l'immaginetta arcobaleno ed è paladina dei diritti della comunità LGBT; Facebook azzera le pagine dei fascisti ed è paladina di Fiano.

Profitto, profitto, profitto. Non c'è scritto da nessuna parte che Facebook debba riconoscerci il diritto di parola: ce lo riconosce finché conviene, dopodiché ci mette un secondo a levarcelo. Possiamo farci qualcosa? No. Appellarci a qualche diritto? Ma chi, noi?

Noi ci eravamo affezionati un po' troppo a questo finto diritto di parola, pensavamo che fosse giusto ed inalienabile. Oggi ci lamentiamo di questa ondata di ban parlando di bavaglio e diritti negati, confondendo davvero pericolosamente il perimetro del reale (il paese, le leggi, i diritti) con quello degli interessi privati di Facebook.
Fino a prova contraria Facebook non è internet. Il modem ci sta continuando a funzionare, se vogliamo mettere online un sito di controinformazione le nostre carte di credito vengono accettate, se abbiamo questa ossessione per i "fan" possiamo aprire su qualche altro social.

Ma poi vi prego: basta lamentarci sempre. Con quale cazzo di coraggio riusciamo a parlare di "attacco alla democrazia"? Proprio noi?
Se volete rimandare la sconfitta (perché vincere non si può), agite d'astuzia. Fatevi qualche domanda sul perché il rapporto elettori/followers è 1 a 6 milioni, chiedetevi se ha davvero senso ragionare solo in ottica di quanti like potrebbe fare questa o quella azione (negherete, ma so benissimo che lo fate).

L'ho già detto altre volte: noi qui abbiamo fallito nel momento in cui abbiamo accettato di diventare un ridicolo megafono del razzismo. L'abbiamo fatto in buona fede, anche turandoci il naso, ma ci siamo dimenticati di tutto il resto. Pensavamo fosse un lasciapassare a buon mercato per aprire un dialogo con gli ultimi degli ultimi, con i disperati, con i disillusi e invece abbiamo semplicemente spianato la strada a babbei galattici come Salvini e Meloni.

Ma non vi fa girare i coglioni che la motivazione usata da Facebook sia "istigazione all'odio"? Odio noi? Odio la nostra ideologia che parla di identità, di virtù, di armonia, di diritti sociali, di comunità? Possiamo incazzarci e organizzare mille manifestazioni di piazza contro la censura di Facebook, ma forse dovremmo prima chiederci: non è che siamo noi che non siamo capaci (o, peggio, non abbiamo voglia) di spiegare qual è la nostra visione del mondo?

I nostri interlocutori sono le masse: stupide, irrazionali, disorganizzate, spinte da emozioni primitive in positivo o in negativo. Possiamo aizzarle quanto vogliamo ma finché non riusciremo a trasformare la loro rabbia in una vivace adesione alle nostre idee (nelle piazze, non sui social) resteremo sempre qui a raccontarci con nostalgia di quello che avremmo potuto fare ma che non abbiamo mai fatto.

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