Follia a palazzo San Giorgio: a Reggio Calabria stravolta ogni regola della politica.


Reggio Cal. 8 Gen. - Abbiamo tentato di resistere fino alla fine dal prendere parte a questo ridicolo teatrino ma l'ennesimo annuncio di una ennesima mozione di sfiducia da parte del centrodestra ha fatto tracimare la nausea nei confronti degli occupanti di palazzo San Giorgio.

In una città che si definisce normale, dopo il comunicato del partito di appartenenza del sindaco, dove lo stesso viene bollato come "antidemocratico e individualista", il primo cittadino dovrebbe per rispetto di sé stesso e del proprio elettorato, sempre ne abbia mai nutrito, rimettere il proprio mandato prima che siano i consiglieri a mandarlo a casa.

In una città, situata un gradino sotto, con una qualche parvenza di normalità, oggi stesso i partiti della maggioranza, usciti sabato con durissimi comunicati, avrebbero dovuto presentare già alle 8 di stamattina una mozione di sfiducia alla segreteria generale da discutere tra 10 giorni e così porre fine al mandato di un signore che, come ripetiamo da anni, ha ormai perso ogni contatto con il mondo reale già da diverso tempo e che in un modo o nell'altro viene sempre salvato dalla magistratura o amici di turno.

Nella città delle favole, quelle horror, Reggio Calabria appunto, accorre invece a sostegno del soldato Falcomatà il gruppo di Forza Italia, che ancorchè fresca orfana di un componente, indice una conferenza stampa, senza gli altri movimenti di opposizione, per annunciare una mozione di sfiducia disconoscendo totalmente l'art.52 del Tuel che prevede siano necessari almeno i 2/5 dei consiglieri (arrotondando quindi a 7, e non i 2+1 su cui può contare FI) per essere presentata.

Nella fantascienza politica e mente contorta di questi signori dunque, il Partito Democratico, che governa comune e Città Metropolitana da 9 anni, dovrebbe recarsi, cosi come riferito durante la conferenza, presso gli uffici del gruppo azzurro in Comune per accodarsi, firmare e votare la mozione di sfiducia di un partito ormai semi inesistente a livello nazionale: roba, che se accadesse realmente, dovrebbero rinchiudere tutti i componenti del partito democratico, dal segretario nazionale all'ultimo degli iscritti di Lampedusa, in un manicomio realizzato ad hoc.

Appare dunque evidente, a meno di rilevare un deficit cognitivo grave nei protagonisti della proposta, che tale mossa sia l'ennesimo assist del parlamentare Cannizzaro, badante a tempo pieno del gruppo forzista solito più a comunicati su Miss Italia che ai problemi cittadini, al morto camminante Falcomatà. Un assist che, accompagnato all’italiano imbarazzante e claudicante dei protagonisti della conferenza, consente di prendere tempo, di allungare il brodo politico della sterile polemica, di alimentare un botta e risposta tra i diversi partiti di maggioranza e opposizione e ridare così fiato al sindaco morente di rendersi conto della sua ennesima boiata.

Chi ha fatto un pò di politica seria nel corso della propria vita si chiede infatti come possa, dopo il comunicato di sabato, il Partito Democratico pensare di potersi esimere dal presentare, esso si titolato a farlo, una mozione di sfiducia insieme agli altri partiti della (ormai ex) maggioranza falcomatiana e sancire così in consiglio la probabile caduta del figlio d'arte (a meno di indignitosi colpi di scena).

L'inconsistenza politica in città la si misura anche da questo: mentre il gruppo dei Democratici Progressisti dell’esperto De Gaetano lascia una, di democristiana memoria, porta aperta al Falcomatà, segno dell'esperienza (oltre che all'ormai famoso accattonaggio politico reggino) del proprio navigato vate ex comunista, i toni usati dal PD non lasciano spazio a marce indietro o ripensamenti a meno di pagare ancora una volta il caro prezzo della vergogna, svendere l'ultimo brandello di dignità: prezzo a cui tra l'altro Falcomatà li ha ben abituati in questi nove anni tra una città distrutta, morente, svilita, consiglieri indagati, assessori condannati e sospesi, brogli elettorali e una sequela di vergogne la cui metà appena basterebbe per essere accusati di induzione al suicidio.

Cosa accadrà dunque in una città in cui il nodo principale per gli eletti, quello che li interessa veramente, non è lo stato comatoso della città, i suoi infiniti cantieri bloccati, il disastro della pista ciclabile ma, per averlo ascoltato da bocca loro e non per sentito dire, la questione legata alle indennità da consiglieri e da assessori?

Il destino della città è legato dunque a questioni non politico/amministrative ma, come ammesso da loro stessi, di puro accattonaggio.


Giuseppe MinnellaPortavoce Provinciale

Movimento Sociale Italiano - Fiamma Tricolore


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